Giulio Bacosi

Aprirsi agli altri per sentirsi felici La proposta di Bertrand Russell

Solo percependo ciò che UNISCE tutto e tutti consente di essere davvero “felici”.
Russell ce lo ha messo su un piatto d’argento. Da par Suo

Era un ideale dell’Illuminismo quello di creare strumenti educativi e tecnici per migliorare la felicità individuale e collettiva quale fine ultimo dell’agire umano. Ma sin dalle prime riflessioni sul tema, e ciò persistette anche dopo la nascita della psicologia, il problema che questo obiettivo poneva era come registrare la felicità individuale, che è sempre apparsa qualcosa di sfuggente e assai diverso dall’evidente progresso sociale degli ultimi secoli. Noi siamo più felici di un monaco medioevale, dalla vita media di 45 anni, che riteneva lo attendesse la salvezza eterna?

Russell elude questa domanda e si pone il tema su un piano pragmatico, da critico operativo, affrontandolo per via negativa: registra quali sono, a suo giudizio, le situazioni che rendono infelici e propone suggerimenti per superarle, cioè i rimedi all’infelicità. L’unico spunto teoretico è la sottesa critica al naturalista Joseph Wood Krutch, che nel saggio Modern Temper (1929) aveva sostanzialmente ritenuto la razionalità, un po’ sulla scia del libro biblico dell’Ecclesiaste, un elemento di freno alla felicità. Russell diagnostica una miriade di cause dell’infelicità nella vita moderna e traccia un percorso per uscire dal malessere, apparentemente inevitabile, diffuso nelle società occidentali.

Una delle cause ricorrenti di infelicità è la lotta per il successo, l’aspirazione ad andare sempre più avanti che sarebbe, poi, la molla stessa del capitalismo (Russell ha proprio in mente il mondo finanziario americano). Chi è inserito in questo ingranaggio di «insana competizione» a scapito dei sentimenti e dell’intelletto perde il gusto della vita sana e s’impegna in una corsa sfrenata «che lo conduce alla tomba». L’etica produttivo-consumistica non rende gli individui felici anche perché, come sostengono gli economisti, i beni acquisiti finiscono con il non dare mai soddisfacimento. Ci si deve liberare dall’invidia, invece, «gustando le gioie che si incontrano sul proprio cammino» senza fare confronti. Per Russell, tuttavia, anche la modestia o la falsa modestia è simile all’invidia o conduce a essa.

La ragione è lo strumento per superare i sensi di colpa che, a causa di una morale tradizionale predominante sull’io, ci rendono infelici. Altrimenti restiamo sempre ripiegati su noi stessi e, in quanto ci sentiamo in colpa, proviamo un senso di inferiorità e di invidia verso l’altro.

Lo stile

Un «saggio popolare» scritto in un linguaggio accessibile per ogni genere di pubblico

La mania di persecuzione affligge tutti coloro che si sentono (o talvolta sono) maltrattati o vittime di ingratitudine. Molte volte, la mania di persecuzione è prodotta dalla convinzione di muoverci per motivi altruistici e perché ci aspettiamo che gli altri si interessino di noi quanto noi stessi. Una convinzione sintetizzata con un flash dallo scrittore Sandro Veronesi in Caos calmo: «La gente pensa a noi infinitamente meno di quanto crediamo».

A renderci infelici, dice Russell, è anche la paura dell’opinione pubblica, un’osservazione, questa, superata dai tempi. L’individuo, specie il giovane, oggetto di disapprovazione finisce in isolamento (è il caso delle sorelle Brontë). In questo caso bisogna superare la timidezza e la comunità arriverà progressivamente a tollerare il vostro comportamento. Oggi l’intolleranza è talmente bandita che l’unica paura che si può avere è quella di avere un’opinione.

Sono cause di infelicità anche il narcisismo, la megalomania e la noia, che è il contrario dell’eccitazione: bisognerebbe esser capaci di vivere momenti di tranquillità senza eccitazione. Anche l’alternanza di fatica e riposo è la strada per una vita più felice. L’ossessione per il lavoro genera fatica fisica, nervosa e ansia: può tranquillizzarci pensare che «io sono solo un frammento molto importante del mondo…».

Molte di queste cause, come si vede, sono quelle comprese nelle varie versioni del Dsm (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) utilizzato dagli psicologi per aiutare a superare i disturbi comportamentali. Dal che si deduce che, per Russell, l’infelicità è per lo più causata da disturbi di comportamento dell’individuo stesso. Il rimedio di fondo sta nell’impegnarsi in attività costruttive e nell’apertura agli altri, senza ripiegarsi su se stessi: amare l’attività senza competizione, narcisismi, megalomanie.

(Corriere della Sera)

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