Giulio Bacosi

Marmi antichi, discariche e ritardi Bentornato Mausoleo di Augusto

Mausoleo” si lega con “Sepolcro”. E quello di Augusto, qui a Roma, è accanto all’Ara Pacis, l’”Altare della Pace”: doppiamente intrigante in una temperie – come quella odierna – di “tregua istituzionale”, e che fu sempre il Primo Imperatore a commissionare.
La domanda sorge spontanea: che “c’azzecca” la Pace con la Morte…?

Ci sono voluti quattordici anni per riaprire il mausoleo di Augusto. Probabile che alla finale accelerazione abbia contribuito l’ansia per le prossime elezioni comunali; così, a cantiere ancora aperto, almeno l’essenziale è stato finalmente reso visibile. Comunque, mai come in questo caso, meglio tardi che mai. La lacuna prodotta dall’enorme tumulo ridotto a rovina se non proprio a discarica, è stata troppo a lungo una delle vergogne della capitale. Per capirne intera la gravità, bisogna rendersi conto dell’importanza di questo monumento per la storia non solo di Roma ma dell’intera civiltà occidentale.

Ottaviano Augusto, fondatore dell’impero e della dinastia Giulio- Claudia, lo volle di dimensioni orientali, influenzato dalla tomba del satrapo persiano Mausolo ad Alicarnasso, una delle sette meraviglie del mondo. In termini psicologici, la sua grandezza equivaleva al sollievo di avere definitivamente eliminato il rivale Marco Antonio, e la sua amante Cleopatra, in un epico scontro navale ad Azio.

La battaglia fu nel 31 avanti Cristo, poco più di tre anni dopo, nel 28, il mausoleo s’innalzava in Campo Marzio sulla riva del Tevere. Tale il suo prestigio che, un secolo e mezzo dopo, un altro imperatore, Adriano, lo imiterà facendosi costruire anch’egli un mausoleo; dovrà accontentarsi della meno pregiata riva destra in prossimità dei malfamati terreni vaticani e dei resti del circo di Nerone. Lo conosciamo come Castel sant’Angelo.

Ho richiamato l’altro mausoleo imperiale perché potrebbe incuriosire il diverso destino che ha accompagnato nei secoli i due monumenti. Il mausoleo di Adriano è rimasto in gran parte integro nelle strutture essenziali. Quello di Augusto invece è deperito fino a diventare un rudere lontanissimo dallo splendore originario.

Il geografo greco Strabone, pochi anni dopo la fondazione, lo descrive come il più notevole dei monumenti: «Un grande tumulo di terra, innalzato presso il fiume sopra un’alta base rotonda di marmo bianco, ombreggiato fino alla cima da alberi sempre verdi, sulla quale è la statua in bronzo dorato di Cesare Augusto». Alle sue spalle era stato piantato un vasto bosco sacro meta di salubri passeggiate per i cittadini.

La rovina arrivò perché, al contrario di quello adrianeo, il mausoleo di Augusto non venne cristianizzato. L’arrivo della nuova civiltà volle dire la fine di quella classica. Salvo il Panteon, presto diventato una chiesa, salve le due colonne coclidi (Traiana e Antonina) sulle quali vennero erette le statue dei due nuovi patroni della città: Pietro e Paolo. Salva la statua equestre di Marco Aurelio perché creduta quella di Costantino primo imperatore cristiano. Augusto non ebbe uguale fortuna, la sua tomba decadde, ebbe proprietari diversi, venne oltraggiata da spettacoli pirotecnici, una “giostra della bufala”, imitazione (meno cruenta) della corrida spagnola, cava dalla quale estrarre marmi per l’erigendo Vittoriano in piazza Venezia.

Anni di tregua, anzi di fama, furono solo quelli tra il 1908 e il 1936 quando il glorioso moncone diventò un auditorium famoso nel mondo per la sua ottima acustica.

Poi arrivò il piccone demolitore del Duce che ordinò di riqualificare l’intera area, compresa l’adiacente Ara Pacis.

La nuova piazza Augusto imperatore venne inaugurata il 28 ottobre del 1938. Neanche allora però, i lavori erano completamente ultimati. Dev’essere anche questo un segno dell’eterno destino di Roma.

(Fonte: La Repubblica)

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