Giulio Bacosi

Addio Maestri un mattatore sul teatro delle Dolomiti

Non ho condiviso tutto di Cesare Maestri.
Tra le cose che ho condiviso, la passione per la Montagna.
Vale un analogo discorso per Macaluso: del quale ho condiviso la passione per la Politica.
E di appassionati, oggi, abbiamo tanto bisogno.

 attore, quello è sempre stato. Alpinista lo è diventato dopo la guerra e si è subito imposto sul palcoscenico della montagna. Cesare Maestri, uno degli interpreti più grandi della stagione del sesto grado, se n’è andato ieri a oltre 91 anni. Era una famiglia di teatranti la sua, attore il padre Toni, come la sorella Anna (debuttò al fianco di Rina Morelli e Paolo Stoppa e recitò con Valentina Cortese, Gino Cervi, Totò) e il fratello Giancarlo, che fu il doppiatore di Sean Connery e di Dennis Hopper in “Easy Rider”. Anche Cesare lo sarebbe stato ma, spedito a Roma per studiare, ci restò due anni e si dedicò soprattutto alla politica con il Partito comunista. D’altronde era stato partigiano nelle Brigate Garibaldi. La sua carriera di alpinista comincia agli inizi degli anni Cinquanta ed è subito da applausi. Tornato a Trento, dov’era nato il 2 ottobre 1929, ripete una dietro l’altra le grandi vie ai vertici dell’arrampicata dolomitica, spesso da solo, qualche volta di notte. Bruno Detassis, il “padre” del Gruppo di Brenta, la guida alpina forse più nota del Trentino, di una ventina d’anni più anziano di lui, raccontava “il Cesare”, già protagonista sulla scena della montagna, con un aneddoto: in occasione di un corso di aggiornamento, durante il quale non gli erano stati tributati i dovuti onori, dopo essere salito con il buio in cima al Crozzon di Brenta, si affacciò dalla cima e lanciò la corda, poi tornò alla base scendendo in arrampicata lungo la Via delle Guide, oltre 900 metri verticali fino al quinto superiore, aperta nel 1935 proprio da Detassis. Il “ragno delle Dolomiti” — una felice definizione giornalistica che lo seguì per tutta la vita e fu anche titolo di uno dei suoi libri — è visto in quei primi anni dagli osservatori più attenti come l’erede di Paul Preuss, l’arrampicatore austriaco che agli inizi del Novecento apre itinerari da brividi rifuggendo da qualsiasi mezzo artificiale. Ma il piacere della contraddizione è quel che gli piace di più e improvvisamente abbandona l’arrampicata libera per puntare alle salite su pareti impossibili con l’ausilio di chiodi a espansione. Le critiche lo esaltano e nessuno comunque gli può dire che va in cerca della strada più facile. Reinhold Messner, che comincia a salire le montagne quando Maestri è già un personaggio di primo piano e lo ritiene «uno dei più forti arrampicatori di quell’epoca», racconta di aver ripetuto la sua salita sulla parete ovest della Roda di Vaèl, nel gruppo del Catinaccio — che pure è fra quelle aperte con gran dispendio di chiodi, ben 400, in otto giorni — «e devo dire che è una gran via tecnica».

È ovviamente tra i candidati alla spedizione italiana sul K2, nel 1954, ma Ardito Desio ne teme le intemperanze e lo lascia a casa. Ancora Messner: «io credo che sia nato lì quel Cesare arrabbiato, sempre polemico. E pure la rivalità con Bonatti che lo ha seguito per tutta la vita».Irriverente, incontenibile, anarchico. Nel 1957 al Filmfestival della montagna di Trento viene invitato Tenzing, il vincitore dell’Everest con Ed Hillary, e Mae stri lo lega alla sua corda sulla Direttissima della Paganella. In vetta li attende il sindaco Nilo Piccoli, fratello di Flaminio, e lo sherpa gli si rivolge con il saluto che gli ha insegnato Cesare durante l’arrampicata: «Paganella bella, ma la Dc ha rovinato l’Italia». Poi c’è il Cerro Torre, la Patagonia. Nel 1959 lo affronta con Toni Egger, grande specialista del ghiaccio, che viene travolto in discesa da una valanga. Maestri vaga ai piedi della parete finché non arriva in suo soccorso Cesarino Fava, il terzo componente della piccola spedizione. Hanno raggiunto la cima oppure no? In tanti lo negano, non ci sarebbero le prove. E lui nel 1970 torna con un compressore Atlas Copco e disegna una nuova via sullo spigolo sud-est. Vergogna, una nuova provocazione! Ma Messner, che sull’ossessione di Maestri per quella guglia di granito ha girato un film, “Mythos Cerro Torre”, riferisce il dialogo con un gaucho, a proposito di chi lo critica: «Tutti chiacchieroni, oggi vengono qui e dicono di salire in libera, quando hanno un trapano da un chilo nello zaino. Almeno Maestri si è trascinato su un compressore da un quintale e mezzo. Quello sì che è un uomo».

Messner: “Sul CerroTorre nel ’59 non toccò la vetta, ma la sua arrampicata è epica”

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