Giulio Bacosi

Un esercito in pantofole ora la Svizzera addestra le reclute con un’app

“Soldato pantofolaio”.
E’ tra gli ossimori che non T’aspetti.
Parafrasando Tolstoj, la Guerra “è” Pace…

“Il formidabile esercito svizzero”, come lo scrittore americano John McPhee decantò in un libro uscito negli anni ‘80 le forze armate elvetiche di milizia, si è trasformato complice il coronavirus in un esercito in pantofole. Ieri si è appreso, infatti, che la metà dei 12 mila giovani che dal 18 gennaio inizieranno la scuola reclute, prima di venire inquadrati nei diversi reparti seguiranno le prime 3 settimane di addestramento da casa: tramite una app. Le altre 6 mila reclute, già destinate ai battaglioni sanitari, raggiungeranno, invece, i diversi ospedali del Paese per dare man forte a medici e infermieri impegnati sul fronte del Covid che, con la seconda ondata, ha messo in ginocchio la Confederazione.

Ed è stato proprio per evitare al minimo i contagi tra le truppe che lo stato maggiore generale dell’esercito ha tirato fuori dal cilindro l’idea di far effettuare, da remoto, parte dell’addestramento delle reclute non destinate a compiti sanitari. «L’arrivo dei soldati da divano », ha ironizzato, in un titolo, il quotidiano di Ginevra Le Temps , paragonando l’iniziativa a un “apero- zoom”, ovvero a uno di quegli eventi virtuali che, giocoforza, hanno preso piede durante le fasi più dure della pandemia. C’è comunque poco da scherzare se si considera che, da marzo a oggi, si contano a centinaia i soldati che durante i giorni di licenza si sono contagiati per poi trasmettere il virus ai commilitoni una volta rientrati in caserma. Ecco allora l’idea dei “soldati da divano” che, come ha spiegato il portavoce dell’esercito, Daniel Reist, dovrebbe evitare che 12 mila giovani affluiscano in un colpo solo nelle camerate, trasformando l’esercito in un lazzaretto. «Così facendo, quantomeno, dimezzeremo le quarantene», ha detto Reist. Il quale, una volta che la notizia ha iniziato a circolare, si è trovato a dover rispondere a centinaia di richieste di chiarimento, piovute sul suo telefono. Sempre la stessa domanda: «Come diavolo è possibile fare il soldato da casa propria?». O meglio essere arruolati in una “home army”, come qualcuno ha già ribattezzato l’esperimento.

Daniel Reist la fa semplice. «Bastano un computer e una connessione internet e si riceve la chiave d’accesso a un software protetto», dichiara. La recluta della “home army” sara tenuta ad esercitarsi per 6 ore tutti i giorni, imparando in particolare a maneggiare, con perizia e sicurezza, il Fass 90, il fucile mitragliatore prodotto dalla Sig: l’arma in dotazione a tutti i militari elvetici che, volendo, lo possono conservare a casa anche dopo il congedo dall’esercito. Parliamo di un arnese con una cadenza di tiro di 700/900 colpi al minuto, i cui proiettili calibro 5,56 non lasciano scampo. Com’era inevitabile l’introduzione, sia pure per ragioni dettate dall’emergenza, della figura della “recluta domestica”, non ha raccolto l’uninanimità dei consensi. «Tre settimane a casa non hanno nulla a che vedere con tre settimane in caserma», è insorto Stefan Holenstein, presidente della Società svizzera degli ufficiali dell’esercito. «Il servizio militare — ha aggiunto — ha un carattere pratico e sociale che non può essere sostituito dall’e-learning». In realtà Il formidabile esercito svizzero che incantò John McPhee è da un pò che ha preso una piega pantofolaia. Nel 2015 si scoprì, ad esempio, che gli intercettori militari elvetici erano operativi solo negli orari d’ufficio, mentre di notte i cieli svizzeri erano privi di protezione. Solo da poco due FA-18 Hornet sono pronti a levarsi in volo a qualunque ora.

(Fonte La Repubblica)

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