Giulio Bacosi

Nel nome di Donald il peronismo arriverà in America

Dici “peronismo” e pensi “Evita”.
Dietro il romanticismo, tuttavia, ci fu molto altro…

Donald Trump sarà il primo presidente degli Stati Uniti la cui figura s’incarna in un movimento politico di massa che porta il suo nome. Il trumpismo ha molto in comune con altri movimenti politici che del nome del proprio leader hanno fatto una bandiera. Il trumpismo avrà dunque lunga vita, e trascenderà Trump stesso.

Le ideologie di questi movimenti hanno dato prova di essere malleabili in maniera inconsueta: il peronismo argentino divenne famoso per la sua plasticità: in origine giustificò il fascismo light di Juan Domingo Perón e, decenni dopo, le riforme neoliberali di Carlos Menem, per fornire infine la base al populismo sinistrorso di Néstor e Cristina Kirchner. In Venezuela il chavismo trasformò il paese più ricco dell’America latina in uno dei più poveri, eppure i sondaggi di opinione rivelano che metà della popolazione ancora appoggia Hugo Chávez, che è morto nel 2013.

Il trumpismo si avvia a entrare a fare parte di questa lista, indipendentemente dai problemi legali o politici che potrà avere il leader nei prossimi anni. Con o senza Trump, il trumpismo continuerà a esistere. Magari avrà un successo politico più o meno eclatante, ma le sue strategie, le tattiche, i trucchi per impossessarsi del potere e tenerselo stretto, perdureranno. Attraverso show personali e innegabili successi politici, il 45º presidente degli Stati Uniti d’America ha rivelato al mondo intero e, soprattutto, ai politici più ambiziosi e irresponsabili del suo Paese, che è possibile arrivare al potere facendo e dicendo cose che finora nessun politico aveva osato fare o esprimere. Definire stupratori gli immigranti messicani o chiudere in gabbia bambini immigrati; insultare i rivali o altri capi di Stato; mentire per abitudine e senza pudore e, soprattutto, fare il possibile per rendere più profonde le divisioni sociali già esistenti o creare nuovi poli opposti, sono azioni per le quali a Donald Trump non è stato presentato alcun conto, in termini politici. Anzi, gli hanno permesso di arrivare alla Casa Bianca e di essere poi il candidato presidenziale più votato nella storia degli Stati Uniti, subito dopo Joe Biden.

Qualsiasi politico senza troppi lacci ideologici e senza troppi valori, dotato di opportunismo ancor più che di ambizione, sta già prendendo appunti. Nei prossimi anni ci ritroveremo con numerosi imitatori di Trump, sia negli Stati Uniti che altrove. Jair Bolsonaro, il presidente del Brasile, che i suoi seguaci chiamano «il Trump dei tropici», è uno dei suoi primi e più fortunati imitatori. E negli Usa ci saranno numerosi candidati pronti a dichiararsi trumpisti e a copiare lo stile dell’ex presidente, ma avranno cura di evitare le catastrofiche politiche da lui adottate.

Sul breve periodo, l’evento più importante sarà la parte che Donald Trump interpreterà come capo dell’opposizione verso il governo di Joe Biden. Una volta uscito dalla Casa Bianca, l’ex presidente dovrà difendersi dalla valanga di domande giudiziali di ogni tipo che lo attendono. Dovrà dedicare molto tempo ai propri avvocati e ai giudici e ai pubblici ministeri che lo vorrano mettere sotto processo.

Al tempo stesso, però, starà raccogliendo fondi, perfezionando i meccanismi del trumpismo e creando una piattaforma mediatica simile a Fox News. E poi starà battagliando per il controllo del Partito Repubblicano. Lo scontro tra i suoi alleati nel partito e chi invece lo osteggia può condurre alla frattura questa organizzazione politica fondata nel 1854. Oppure, semplicemente, può indurre alla rinuncia coloro che non accettano che Trump sia il padrone del partito e, di nuovo, il candidato Repubblicano alla presidenza nel 2024.L’incertezza politica continuerà a regnare sovrana sugli Stati Uniti. Ciò che invece è certo è che l’ex presidente Trump ora può contare su un movimento politico di massa che gli farà da base per continuare la lotta di riconquista del potere. A qualunque costo.

(Fonte: La Repubblica)

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