Giulio Bacosi

La buona educazione

Ho incontrato – con Democrazia nelle Regole – oltre 1 milione e mezzo di studenti in tutta Italia per parlare loro di Costituzione usando una lingua il più possibile intrigante e loro accessibile.
Viva, dunque, la Costituzione! Sempre viva!
E rallegramenti per questa bellissima pubblicazione!

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Lo statuto spiegato ai giovinetti: operetta in dialogo già introdotta nei conservatorj per la puerizia in Milano. Si intitolava così, nel lontano 1863, un prezioso libretto, fatto di domande e risposte come un catechismo, scritto da una educatrice all’epoca nota, Fanny Ghedini Bortolotti. E proprio quello era stato il modello, due anni prima, del Catechismo costituzionale o Nozioni intorno ai diritti e ai doveri dei cittadini, uno dei primissimi testi per le scuole, se non il primissimo dopo l’unità d’Italia, di quella che oggi chiamiamo «educazione civica», firmato dallo storico Francesco Berlan. Esempio: «D. Che cosa vuol dire società politica? R. Società politica vuol dire la convivenza di un popolo sotto le medesime istituzioni e sotto le medesime leggi per il maggior benessere di ciascheduno e di tutti». «D. Quali furono le origini delle società politiche? R. Le società politiche ebbero i loro principii dalle società familiari». E via così. Asettico. Perfettamente imparziale.

Finché non erano toccati, si capisce, certi temi. Domanda: «Che vantaggi può offrire la monarchia costituzionale a preferenza di altre forme di governo?». Risposta: «La monarchia costituzionale a preferenza di altre forme di governo può offrire questo vantaggio, di porre il centro, il perno della società, cioè dello Stato, al di fuori delle mutabili contestazioni dei partiti politici e di attenuare la veemenza di quei conflitti che si accenderebbero intorno alla suprema direzione e rappresentanza dello Stato». Opinione legittima. Ma imparziale?PUBBLICITÀ

Questo è uno dei nodi irrisolti dell’educazione civica che dal 2020-21 torna, rinvigorita, tra le materie scolastiche. Riguarda, va da sé, tutte le materie della scuola. E la storia ricorda come troppo spesso sia stata strattonata in funzione di chi comandava. Si pensi ai testi mussoliniani per gli scolaretti: «Tu levi la piccola mano,/ con viso di luce irradiato./ Tu sei quel bambino italiano,/ che il Duce a cavallo, ha incontrato…». O sul versante opposto a certi abbecedari maoisti come quello di un maestro milanese che tentò di insegnare ai bambini a leggere e scrivere (…) con esempi tipo «F = fucile», «R = rivoluzione», «S = sfruttati»…

Tema: come se ne esce, se perfino il libro di Giuseppe Mazzini I doveri dell’uomo, pubblicato nel 1860 e adottato in varie scuole a partire dal 1901, accese polemiche roventi al punto di spingere «La Civiltà Cattolica» a lodare un testo contro il «famoso agitatore italiano» reo di «propinare il veleno delle sue massime sovversive» con le sue «empie dottrine» e i «pessimi consigli» da «falso profeta»? Qualche anno fa Giacomo Samek Lodovici, docente alla Cattolica, propose «la libertà dei genitori di scegliere per i figli una scuola conforme alle proprie convinzioni». Insomma, «lo Stato deve garantire che i genitori di sinistra possano mandare i figli in scuole di sinistra, quelli liberali in scuole liberali, quelli cattolici in scuole di ispirazione cattolica». Peggio il rattoppo del buco. Moltiplicazione dei catechismi. Tanto più che la scuola, insisteva, «dovrebbe trasmettere principalmente (non esclusivamente) la verità», cioé «quelle tesi e quei valori che essa e i genitori che l’hanno scelta considerano vere».

E la Costituzione, nello spazio scolastico dell’educazione civica voluta nel ’58 dall’allora ministro della Pubblica istruzione Aldo Moro come andrebbe letta? Rispose lo stesso statista poi rapito e ucciso dalle Br in un ordine del giorno alla Costituente. Dove invocava «che la nuova Carta Costituzionale trovi senza indugio adeguato posto nel quadro didattico delle scuole di ogni ordine e grado, al fine di rendere consapevole la giovane generazione delle raggiunte conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sacro retaggio del popolo italiano».

Quello era il punto di partenza allora, questo il punto rilanciato oggi: «Studentesse e studenti approfondiranno lo studio della nostra Carta Costituzionale e delle principali leggi nazionali e internazionali. L’obiettivo sarà quello di fornire loro gli strumenti per conoscere i propri diritti e doveri, di formare cittadini responsabili e attivi…».

E se raggiungere nell’insegnamento la perfetta e assoluta imparzialità sarà difficile almeno quanto per i santi raggiungere la santità, certo è doveroso provarci. Ed è quanto il libro Viva la Costituzione, curato da Andrea Franzoso, si è proposto di fare. Raccogliendo a corredo le testimonianze, tema per tema, di alcuni dei protagonisti della vita pubblica italiana degli ultimi anni. Da Gherardo Colombo («Le regole ci dicono ciò che è necessario fare, o non fare, per arrivare a un risultato… Se voglio prendere il treno, devo rispettare l’orario ferroviario») a Tomaso Montanari, che ricostruisce come mai la parola «nazione» sia molto rara nella nostra Costituzione: «I fascismi avevano appena trascinato l’Europa in una guerra atroce tra “nazioni”: per la “nazione” si era ucciso e si era stati uccisi, a milioni. Proprio per questo, l’unica volta che quella parola compare nei dodici principi fondamentali della Costituzione, lo fa all’articolo 9: legata alla cultura e alla ricerca, al paesaggio, alla storia e all’arte. Tutte cose che servono a vivere, e non a morire».

E poi le testimonianze di giornalisti d’inchiesta come Milena Gabanelli, preti come don Gino Rigoldi, donne di scienza come Ilaria Capua, docenti come la presidente dell’Invalsi Anna Maria Ajello che ricorda la sua prof. che dava a tutti del lei: «Era come se volesse mantenere le distanze. In realtà era un modo per manifestare rispetto nei nostri confronti e responsabilizzarci». E ancora giudici come Piercamillo Davigo che parte dall’articolo 54: «Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle, con disciplina ed onore». E studiosi come Salvatore Settis: «Il bene comune è come un grande patrimonio che riceviamo in eredità da chi è vissuto prima di noi e abbiamo il dovere di custodire per chi verrà dopo».

Tutte testimonianze che possono aiutare i ragazzi, comunque la pensino, a crescere studiando insieme la Costituzione fino a capirne ciascuno il senso. Riassumibile con le parole di Piero Calamandrei: «La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà…».

Fonte: Corriere della Sera

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